Incipit

Ogni volta che devo valutare se comprare un libro o meno, leggo sempre (oltre alla quarta di copertina) la prima pagina o le prime 10 righe, per cercare di capire lo stile dell'autore e per vedere se la storia mi prende fin dall'inizio.
Così ho deciso di pubblicare sul mio blog gli incipit di libri che mi sono piaciuti particolarmente o che sono appena usciti, in modo da dare una piccola anteprima su libri di vario genere, "vecchi" e "nuovi".


Guarda qui gli Incipit delle Novità in libreria


Di seguito gli Incipit del miei libri preferiti...


Buona anteprima!


1.
incipit di
Oceano Mare
(Alessandro Baricco)


Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare – il mare – nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare.
Potrebbe essere la perfezione – immagine per occhi divini – mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità – verità – ma ancora una volta è il salvificio granello dell’uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un’inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, impercettibile strappo nella superficie di quella santa icona, minuscola eccezione posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore.

2.
incipit di
Il castello errante di Howl
(Diana Wynne Jones)

Nella terra di Ingary, dove dove realmente esistono cose come stivali delle sette leghe e mantelli che rendono invisibili, essere il primogenito di tre fratelli è considerata una sfortuna piuttosto grossa. Colui che nasce per primo, infati, è anche quello destinato a sbagliare per primo, e sarà ancora peggio se sarà l'ultimo ad andarsene di casa in cerca di fortuna...









3.
incipit di
Il racconto dell'isola sconosciuta
(Josè Saramago)

Un uomo andò a bussare alla porta del re e gli disse, Datemi una barca. La casa del re aveva molte altre porte, ma quella era la porta delle petizioni. Siccome il re passava tutto il tempo seduto davanti alla porta degli ossequi (degli ossequi che rivolgevano a lui, beninteso), ogni volta che sentiva qualcuno chiamare da quella delle petizioni si fingeva distratto, e solo quando il risuonare continuo del battente di bronzo diventava, più che palese, chiassoso, togliendo la pace al vicinato (cominciavano tutti a mormorare, Ma che razza di re abbiamo noi, che non risponde), solo allora dava ordine al primo segretario di andare a informarsi su cosa mai volesse il postulante, che non c’era modo di far tacere.


4.
incipit di
A neve ferma
(Stefania Bertola)

Emma era sempre stata una ragazza piuttosto disordinata, ma non avrebbe mai creduto di riuscire a perdere l'amore della sua vita tre giorni dopo averlo trovato. Nemmeno con gli occhiali da sole le andava così male: gli unici che funzionavano davvero erano purtroppo i Persol, ma nonostante quello sciagurato nome le duravano sempre almeno qualche mese. E lui, l'amore della sua vita, si chiamava Andrea, un punto a favore, perchè con gli Andrea il rischio non è perderli ma trovarne troppi.






5.
incipit di
Stardust
(Neil Gaiman)

C'era una volta un giovane che desiderava ardentemente soddisfare le proprie brame.
E fin qui, per quanto riguarda l'inizio del racconto, non v'è nulla di nuovo (poiché ogni storia, passata o futura, che narri di un giovane potrebbe cominciare alla stessa maniera). Ma strano era il giovane e strani i fatti che lo videro protagonista, tanto che egli stesso non seppe mai come andarono veramente le cose.
La storia ebbe inizio, come molte altre storie dei tempi andati, a Wall.
Ancora oggi, a seicento anni dalla sua nascita, la cittadina di Wall si erge immutata sulla cima di un'alta sporgenza granitica al centro di una piccola foresta. Le case del villaggio sono vecchie e quadrate, fatte di pietra grigia, con neri tetti d'ardesia e comignoli svettanti. Sfruttando ogni minimo spazio della roccia, le case si sorreggono a vicenda, costruite l'una a ridosso dell'altra, con qualche cespuglio o alberello che spunta qua e là dal fianco di un edificio.


6.
incipit di
Guida galattica per gli autostoppisti
(Douglas Adams)

Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell'estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c'è un piccolo e insignificante sole giallo.
A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquaratanove milioni di chilometri, c'è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro-verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono coì incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un'ottima invenzione.







7.
incipit di
City
(Alessandro Baricco)

– Allora, signor Klauser, deve morire Mami Jane?
– Che vadano tutti a cagare.
– È un sì o un no?
– Lei che ne dice?
Nell'ottobre del 1987, la CRB – casa editrice da ventidue anni delle avventure del mitico Ballon Mac – decise di indire un referendum tra i suoi lettori per stabilire se fosse il caso di far morire Mami Jane. Ballon Mac era un supereroe cieco che di giorno faceva il dentista e di notte combatteva il Male grazie ai poteri molto particolari della sua saliva. Mami Jane era sua madre. I lettori le erano, in genere, molto affezionati: collezionava vecchi scalpi indiani e la sera si esibiva, come bassista, in un complesso blues interamente composto da neri. Lei era bianca.
L'idea di farla schiattare era venuta al direttore commerciale della CRB - un signore molto tranquillo che aveva una sola passione: i trenini elettrici. Sosteneva che ormai Ballon Mac era su un binario morto e aveva bisogno di nuove motivazioni. La morte della madre lo avrebbe trasformato in una miscela letale di rabbia e dolore, cioè nel ritratto sputato del suo lettore medio. 
L'idea era idiota. Ma anche il lettore medio di Ballon Mac era idiota.

8.
incipit di
Il Vangelo secondo Biff
(Christopher Moore)

Voi pensate di sapere come va a finire questa storia, ma sbagliate. Fidatevi, io c’ero. E lo so.

La prima volta che vidi l’uomo che avrebbe salvato il mondo, lui era seduto vicino al pozzo centrale di Nazaret con una lucertola che gli penzolava dalla bocca. Si vedevano solo l’estremità della coda e le zampe posteriori; l’altra metà l’aveva già inghiottita. Aveva sei anni come me e non gli era ancora spuntata la barba, quindi non somigliava molto alle immagini dove è raffigurato. Gli occhi erano color miele scuro e mi sorridevano da sotto una zazzera di riccioli nero-blu che gli incorniciavano il viso. In quegli occhi c’era una luce più vecchia di Mosè.
«Immondo, immondo!» gridai indicandolo, così che mia madre potesse capire che conoscevo la Legge; ma lei mi ignorò, così come tutte le altre madri che stavano riempiendo le giare al pozzo.
Il ragazzino si tolse la lucertola di bocca e la passò al fratello più piccolo, seduto accanto a lui sulla sabbia. Questi giocò con la bestiola per un po’, stuzzicandola fino a farle alzare la testolina quasi volesse morderlo; poi prese un sasso e gliela sfracellò. Perplesso, spinse la lucertola morta in mezzo alla sabbia; assicuratosi che non sarebbe andata da nessuna parte, la prese e la restituì al fratello maggiore.
Lui se la infilò in bocca e, prima che avessi il tempo di maledirlo di nuovo, la bestiolina uscì contorcendosi, viva e vegeta e pronta a mordere ancora una volta. La diede di nuovo al fratellino, che la colpì violentemente con il sasso, ricominciando e completando l’intero processo.
Guardai la lucertola morire altre tre volte, e poi dissi:
«Voglio farlo anch’io».
Il Salvatore se la tolse di bocca e mi chiese: «Quale parte?».

Leggi QUI i primi due capitoli del libro